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Museo dello spionaggio, microfoni laser e microspie

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Inaugurata a Manhattan la mostra interattiva del museo dello spionaggio, sviluppata da ex agenti con la collaborazione di hacker

Museo dello spionaggio. È un percorso nella dimensione equivalente dello spionaggio in tutte le sue declinazioni: la storia, le tecniche e i personaggi, ma anche la formazione.

Incentrato su attività costruite e messe a punto da 007 veramente esistiti, spie reali che hanno segnato il corso della storia ed i rapporti tra Paesi.

Un tragitto che consentirà di individuare il James Bond che è in ognuno di noi, se mai ci dovesse essere.

Tutto quanto custodito nello spazio definito «Spyscape», il nuovo museo dello spionaggio inaugurato due giorni fa a Midtown Manhattan.

«Speriamo che questa esperienza sia appropriata per chi vuole vedersi in maniera diversa, perchè possa prendere coscienza delle proprie attitudini e scoprire una certa somiglianza col mondo del museo dello spionaggio».

Spiega Shelby Prichard, il direttore del personale del nuovo particolare museo..

In breve, l’obiettivo non è soltanto quello di far meglio comprendere il mondo degli 007, ma porre il mondo delle spie al servizio del pubblico stesso, per far prendere conoscenza delle proprie competenze, anche quelle più nascoste.

Non è un caso che Spyscape sia stato ideato e concepito da ex «spie», 007 di alto livello che hanno guidato agenzie di intelligence sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna.

Così come hanno partecipato «hacker istituzionali», che hanno in passato operato con governi e grandi aziende per assicurare la sicurezza dei sistemi informativi.

Un’idea di grande attualità visto l’aumentare negli ultimi anni delle attività di spionaggio e influenza che avvengono proprio tramite la rete, come dimostrerebbero del resto le ultime novità provenienti dal Russiagate.

L’indagine sulle intromissioni di Mosca nelle elezioni presidenziali vinte da Donald Trump.

Ognuno dei sette locali del museo dello spionaggio è contrassegnato dalla storia di una specifica spia.

C’è Jake Davis, l’adolescente hacker che dalla lontana Scozia è riuscito a entrare nei sistemi della Cia.

Robert Hanssen, l’uomo al servizio del Kgb (servizi della Russia sovietica) che ha lavorato senza problemi all’interno dell’Fbi per 22 anni prima di essere scoperto.

Ma ci sono anche eroi di tutti i giorni come i giornalisti di Associated Press vincitori del Pulitzer, che hanno indagato sui traffici di esseri umani usando dispositivi e tecniche come quelle delle spie.

La condizione che presenta senza dubbio unica l’esperienza Spyscape è il suo carattere interattivo.

Il locale più gettonato di tutto il museo che si erge nel cuore della City è la Special Ops Training Room.

Ovvero la stanza spiata da sensori laser, solo schivando i quali è possibile arrivare all’obiettivo.

Una specie di prova di abilità atletica sul modello di quella di Ocean’s Twelve. L’interattività la fa da padrona anche nella Debrief room, ma questa volta con un tocco di personalizzazione.

Si tratta infatti di un ambiente che si visita alla fine dell’esperienza da aspirante spia: ci si ferma di fronte ad uno specchio digitale che scrive una serie di dati sulla base delle conoscenze fatte dentro il museo.

Ciò dà origine ad una sorta di profilo dal quale sarà possibile comprendere a quale degli 007 protagonisti di Spyscape si è più simili.

Per chi vuole continuare l’esperienza anche al di fuori del museo, c’è lo Spy Shop, non un classico negozio di gadget e souvenir, ma un vero emporio per la completa spia.

Con un centinaio di dispositivi progettati dagli esperti di Spyscape, come la sciarpa con compartimenti a scomparsa e una sorta di carta di identità criptata. O la libreria con oltre 700 libri scelti da guru del settore.

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